venerdì 5 giugno 2020

Step 08 - VIAGGIO NEL TEMPO: TINGERE NELL'ANTICHITA'

Questo articolo è il primo di una serie di capitoli volti a ripercorrere la storia dell'arte tintoria. Iniziamo parlando delle origini e delle tecnologie nel mondo antico.

Come già introdotto negli articoli precedenti, la storia della tintura non possiede una precisa data iniziale, ma questa può essere verosimilmente ipotizzata durante l'epoca Neolitica, in quanto a quegli anni risalgono i primi ritrovamenti di resti di manufatti tessili e tintori. In questo periodo storico il discriminante che differenziava le varie tipologie di tintura era ciò che la natura locale poteva offrire, non solo in termini di pigmenti e colorazioni, ma anche di tessuti su cui applicarli. Per questo dedicheremo ogni paragrafo ad una particolare civiltà del mondo antico.

ANTICO EGITTO

L'Egitto è la terra natale del più famoso manoscritto sull'arte tintoria, nonostante sia stato scritto in greco. Scoperto nel 1828, è denominato papiro Holmiensis o codice di Stoccolma. Da esso possiamo ricavare informazioni su come venissero estratte le colorazioni e come queste dovessero essere applicate per ottenere un buon prodotto finale. In questo contesto spicca la figura di Ostanes, sacerdote del tempio di Menfi e custode dell'arte tintoria. 

I tessuti più utilizzati sono il lino e il cotone, mentre per quanto riguarda i colori, di origine prevalentemente vegetale:
  • Il rosso era ottenuto dalla robbia e molta importanza veniva data alla variante porpora, ricavata da licheni kosthos (o kisthos);
  • Il giallo veniva ricavato dallo zafferano, dalla curcuma o dall'arbusto di henna, meglio noto come henné ed usato non solo in ambito tessile ma anche per la cosmesi (pratica, tra l'altro, arrivata fino ai giorni nostri);
  • L'indaco, molto raro, veniva ricavato da arbusti di indigofera.
Infine, i giacimenti di allume, molto presenti nei territori limitrofi, permettevano di usare questo materiale come mordente, cioè come sostanza che consente di fissare i coloranti alle fibre dei tessuti.

Papiro Holmiensis


FENICI

Questa civiltà è forse la più famosa quando si parla di tintura. A loro è dovuta la scoperta ed il monopolio della porpora, ricavata dai molluschi Murex Brandaris o Murex Trunculus. Della sua lavorazione si hanno testimonianze nel papiro di Anastasy, datato 1400 a.C. La porpora stessa era poi utilizzata come base per creare dei tessuti di diversa colorazione, abbinandola ad altre pigmentazioni come lo zafferano, il mirtillo o il kermes (un parassita delle querce). Non solo la porpora in sé, ma anche la manodopera fenicia era molto richiesta dalle popolazioni estere, come Ebrei e Persiani.

Murex Brandaris, da cui si ricava la porpora


MEDIO ORIENTE

La terra delimitata dai fiumi Tigri ed Eufrate è stata una delle culle più prolifiche dal punto di vista tintorio. A differenza della popolazione egizia, le civiltà babilonesi, sumere e assire sfruttavano la tintura per esaltare sfarzo e ricchezza, con colori sgargianti.
Essendo dei bravissimi allevatori, dagli animali ricavavano la lana, tessuto prevalentemente utilizzato in quanto il colore, una volta impregnato, era molto resistente. La tecnica prevalentemente applicata era la tintura in fiocco, in base alla quale il colore veniva applicato prima della filatura vera e propria.

L'arte ebrea, di cui abbiamo testimonianze anche nella Bibbia, si basava invece sulla tintura in matassa, tecnica molto impegnativa e scrupolosa, che necessita di particolare attenzione riguardo l'uniformità della tinta sul tessuto.

Per quanto riguarda le colorazioni, venivano usati il kermes per il rosso, bacche come il mirtillo o miscele come il bitume per il nero e, in piccola parte, il carissimo porpora di origine fenicia.








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