venerdì 12 giugno 2020

Step 18 - TINGERE NELLA CRONACA

Al giorno d'oggi parlare di cronaca significa parlare di Coronavirus. Iniziamo quindi questo articolo esaminando le conseguenze che questa pandemia ha causato, non solo dal punto di vista sanitario e umano ma anche dal punto di vista economico. Troppo spesso sentiamo parlare di aziende e negozi caduti in una crisi provocata dalla chiusura dovuta al lockdown. Anche le tintorie, purtroppo, rientrano in questa malinconica lista. A fornirne un esempio è una tintoria sita a Diano Marina, la storica "Tintoria Amica", di proprietà di Michele Weitzenmiller, che dopo 66 anni di attività non è riuscita a vincere la battaglia contro i due mesi di chiusura forzata [1].


Cartello pubblicitario della tintoria


Come già accennato in un precedente post[2], un altro problema che affligge i processi tintori moderni è la gestione dei rifiuti e l'impatto ambientale. La riprova dell'attualità della questione è il ritrovamento, da parte dei Carabinieri forestali (insieme ad Arpat, Polizia Municipale ed Asl) di una serie di irregolarità presso una tintoria di pelli situata ad Empoli[3]. La visita, avvenuta lo scorso febbraio, ha provocato una denuncia per gestione illecita di rifiuti pericolosi ed il sequestro dell'immobile, dei residui di materiale e di prodotti chimici.


Interni della tintoria


Chiudiamo questo articolo di cronaca con una notizia meno drammatica e molto più particolare, anch'essa risalente al febbraio scorso. Ci spostiamo in Turkmenistan, più precisamente nella provincia di Lebap, in cui ai dipendenti pubblici di più di 40 anni è stato imposto il divieto di tingere i capelli di nero o di brizzolarli in caso di tintura nera naturale. Il motivo? La visita del presidente turkmeno Gurbanguly Berdymuhamedov, il quale, dopo un periodo passato a tingersi i capelli di nero, ha deciso di cambiare look mettendo in mostra la propria capigliatura brizzolata[4]. La notizia, diffusa dalla radio Azatlyk, è contornata da una seconda disposizione: all'incontro con il premier turkmeno sarebbero stati ammessi solo soggetti con capelli brizzolati.



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Step 17

mercoledì 10 giugno 2020

Step 16 - WILLIAM HENRY PERKIN: IL CHIMICO RIVOLUZIONARIO

Ritratto di William Perkin, 1906


Sir William Henry Perkin nacque a Londra nel 1838. Ultimo di sette figli, Il padre era un falegname di nome George e la madre era una donna scozzese di nome Sarah. Venne battezzato nella chiesa di S.Paul e iniziò la sua carriera scolastica presso la City of London School, sulle rive del Tamigi. Ad incoraggiarlo e indirizzarlo verso una carriera nel mondo della chimica fu un suo insegnante, Thomas Hall.



All'età di 15 anni Perkin entrò nella Royal College of Chemistry di Londra, dove ebbe come insegnante August Wilhelm von Hofmann, anch'egli luminare nel mondo della chimica organica e autore di una pubblicazione sulla possibilità di sintetizzare la chinina per scopi medici. Divenuto uno degli assistenti di Hofmann, Perkin cercò di concretizzare questi studi teorici.








Durante le vacanze di Pasqua del 1856, si accorse che l'anilina poteva essere trasformata in una miscela grezza e che questa, a sua volta, poteva essere trattata con alcool per produrre una sostanza di intenso colore viola. Perkin, resosi conto dell'enorme potenziale che questa scoperta poteva esprimere a livello commerciale, continuò gli studi all'oscuro di Hofmann, con l'aiuto dell'amico Arthur e del fratello Thomas.

Ai tempi il colore viola, sempre stato simbolo di nobiltà, era molto costoso da estrarre ed utilizzare. Per questo, una volta presentati i risultati ad una industria tintoria a Perth, in Scozia, la risposta fu molto promettente e il brevetto per la sintesi della Malveina non tardò ad arrivare: fu depositato ad agosto nel 1856, quando Perkin aveva solo 18 anni.


Brevetto depositato della Malveina


Il momento, inoltre, era più che propizio: l'Inghilterra entrava nella rivoluzione industriale e la materia prima necessaria per la produzione dell'anilina di porpora, il catrame di carbone, era abbondante in quanto sottoprodotto del processo produttivo del gas di carbone e del coke. Convinto il padre a finanziare la commercializzazione del prodotto e trovato il mordente adatto ad applicare la tinta anche al cotone, la Malveina era dunque pronta per essere immessa sul mercato e costituì la principale fonte di ricchezza di Perkin.

Negli anni successivi, l'attività di Perkin all'interno della chimica organica proseguì e vide l'origine di nuovi coloranti, il viola Britannia e il verde Perkin, e di nuovi profumi come la Cumarina. La sua attività finì quando, alla fine del secolo, il crescente monopolio tedesco nell'ambito tintorio costrinse il chimico a vendere le sue partecipazioni e ritirarsi.

Morì di polmonite e appendicite nel 1907, un anno dopo la nomina a cavaliere e il conferimento della medaglia Perkin, istituita in suo onore per celebrare i cinquant'anni dalla sua scoperta rivoluzionaria e ora divenuta la più alta onorificenza nella chimica industriale degli Stati Uniti. E' sepolto nel parco di Christchurch ad Harrow, nel Middlesex.


Medaglia Perkin


Oltre alla nomina di cavaliere e alla medaglia in suo onore, Perkin venne premiato con altri riconoscimenti come l'inserimento nella Royal Society nel 1866, la medaglia Royal (o medaglia della Regina) nel 1879 e la medaglia Davy, assegnata dalla Royal Society nel 1889.





Step 15 - VIAGGIO NEL TEMPO: IL NOVECENTO

Siamo giunti all'ultima tappa della nostra avventura attraverso i millenni della storia tintoria, in cui esamineremo le più recenti innovazioni con uno sguardo alle prospettive future.

Durante l'Esposizione Universale Londinese nel 1862, gli ospiti potevano già ammirare molti tessuti tinti con le nuove sostanze coloranti, derivate dal catrame. Pochi anni dopo, all'inizio della I guerra mondiale, le tinture sintetiche avevano già sostituito quelle naturali perché molto più economiche e immediate da ottenere: bastavano pochi componenti chimici, del catrame e un buon laboratorio.

Inizialmente, i leader del mercato furono la Gran Bretagna e la Francia, ma i primi anni del Novecento videro l'ascesa della Germania e della Svizzera: quando i brevetti francesi e britannici vennero a scadere, le principali ditte tedesche e svizzere entrarono nei mercati d'oltremanica e francesi conquistando grandi quote di vendite a spese dei leader precedenti. Agli albori della Grande Guerra, la percentuale della produzione mondiale appartenente alla Germania oscillava attorno al 75%, fino a salire al 90% negli anni 20.

Lo scorso secolo vide l'introduzione sul mercato dei primi tessuti sintetici, tra cui il Nylon (poliesametilenadipamide) nel 1938, di origine statunitense, il Perlon (Nylon 6), prodotto dal 1941 dalla tedesca IG Farben, o il Teflon, commercializzato dagli USA a partire anch'esso dal 1941. A differenza delle fibre naturali, questi risultavano molto meno reattivi alle colorazioni tradizionali. Questa proprietà costrinse l'industria tintoria a rivedere i propri processi produttivi, fino ad incorporare la colorazione dei tessuti direttamente nel processo produttivo degli stessi.


Composizione chimica del Nylon e del Perlon


Le nuove lavorazioni risultarono però dannose per all'ambiente, principalmente a causa di una cattiva gestione degli estratti e derivati del catrame. Le diatribe legate al mondo delle tinture tessili continuano fino ai giorni nostri. Solo lo scorso anno, nei laboratori Greenpeace è stato messo in evidenza una componente cancerogena contenuta nei coloranti di capi d’abbigliamento distribuiti dai grandi brand. Perciò, il settore tintorio si sta indirizzando verso un "ritorno al naturale", anche perché i problemi non riguardano solo la salute dell'uomo, ma anche del clima e dell'ambiente.


Pigmenti nelle acque di scarico


Le problematiche principali riguardano lo spreco d'acqua, tra i sei e i nove trilioni di litri all'anno (l'equivalente di due milioni di piscine olimpioniche). Circa il 75% dell'acqua utilizzata, inoltre, diventa acqua di scarto inquinata, non potabile ed estremamente dannosa per l'ecosistema, in quanto può danneggiare le piante, gli animali e, potenzialmente, entrare nella catena alimentare. In questo contesto, è recente la scoperta di un microbo produttore di pigmenti (tra il rosa e il blu), il cui contributo potrebbe portare ad un eccezionale risparmio di acqua (500 volte in meno) e alla completa eliminazione delle sostanze chimiche dannose.



martedì 9 giugno 2020

Step 14 - VIAGGIO NEL TEMPO: LA RIVOLUZIONE DELL'OTTOCENTO

Per il mondo della tintura moderna, il XIX secolo rappresentò il punto di svolta. Fino a quel periodo, i coloranti e pigmenti, a prescindere dall'origine vegetale, animale o minerale, erano comunque forniti dalla natura. La rivoluzione avvenne nel 1856, anno in cui William H. Perkin, chimico inglese, attuò in maniera quasi accidentale la prima sintesi artificiale di un colorante.

Impegnato in una ricerca farmaceutica presso il Royal College of Chemistry, il suo compito originale era quello di sintetizzare la chinina, sostanza utilizzata per curare la malaria. Il procedimento, che prevedeva l'ossidazione di alcune ammine aromatiche, produceva precipitati molto colorati. L'attenzione del novello chimico, in particolare, si rivolse ai prodotti della reazione tra bicromato potassico e anilina, i quali furono in seguito oggetto del brevetto depositato il 26 agosto 1856: Perkin aveva appena sintetizzato il primo colorante, chiamato porpora di anilina o Mauve.


Primo tessuto in porpora di anilina


La linea produttiva era ben delineata: dal benzene al nitrobenzene, dal nitrobenzene all'anilina, dall'anilina alla porpora di anilina. In particolare, il benzene si ricavava dal catrame attraverso distillazione frazionata (Charles Mansfield), il nitrobenzene era già stato ottenuto da Eiihard Mitscherlich, mentre la riduzione di quest ultimo ad anilina si deve agli studi di Nikolaj N. Zinin.
Risolti alcuni problemi strutturali ed organizzativi, Perkin mise in moto una nuova industria, che si occupava di tutte le diverse fasi, dall'acquisizione delle materie prime alla commercializzazione del prodotto finito, ottenendo un immenso successo.


Francobollo Vittoriano tinto in Mauve



In questo modo iniziò il declino delle tinte naturali e la progressiva sostituzione con i coloranti sintetici: magenta, blu di metilene, verde malachite, rosso Congo e così via. Una delle prime industrie impegnate di questo campo fu la tedesca BASF (fondata nel 1865), a cui si deve anche la sintetizzazione del colore indaco.




lunedì 8 giugno 2020

Step 13 - VIAGGIO NEL TEMPO: IL SETTECENTO

Il XVII e XVIII furono secoli di assestamento e perfezionamento per l'arte tintoria. La scoperta della mordenzatura al sale di stagno portò nella prima metà del Seicento a un considerevole miglioramento nella solidità dei tessuti.

Il Settecento introdusse l’uso di coloranti di origine minerale, si migliorò la tecnica della mordenzatura e il governo francese svelò nel 1765 il segreto della tintura al rosso turco. Pur essendo in mano a corporazioni che tenevano gelosamente i loro segreti, infatti, il Settecento è il secolo dei 'protocolli'. 

Vediamo un esempio di tintura al rosso turco su cotone:
Prima si passa il cotone in olio d’oliva e successivamente dev'essere più volte emulsionato con carbonato di potassio. I bagni in olio rendono migliore la capacità del tessuto di assorbire il colorante. La mordenzatura prosegue con un bagno di allume (preferibilmente allume di rocca puro, cioè privo di impurezze ferrose). A volte veniva aggiunto sangue bovino o sommacco, potente agente conciante a base tannica. Per rendere il colore rosso brillante, si fa bollire il tessuto più volte in una caldaia sotto leggera pressione insieme a sapone e cloruro di stagno.

Per la tintura della lana si mette un mordente a base di allume e cremor tartaro (estratto dal tartrato di potassio acido, detto tartaro delle botti, che precipita dal vino durante la stagionatura o l’invecchiamento). Alla fine si aggiunge un po’ di sale di stagno.

Dal punto di vista degli scritti, questo periodo è caratterizzato da trattati sempre più precisi sulle nuove scoperte e sulle precedenti conoscenze:
  • Michele Rosa, "Delle porpore e delle materie vestiarie presso gli antichi", 1786, Rimini;
  • Angelo Natala Talier, "Dell'arte di tingere in filo, in seta, in cotone, in lana, in pelle", 1793, Venezia.

Alla fine del 1700 e all'inizio del 1800 sorsero vere e proprie scuole di tintura e la ricerca era ormai indirizzata verso la sperimentazione di prodotti chimici, come ausiliari dell'industria tessile e coloristica.



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Step 12 - VIAGGIO NEL TEMPO: MEDIOEVO E RINASCIMENTO

Ci eravamo lasciati con due articoli che consideravano, territorio per territorio, la tintura nel mondo antico (link: Step 08 / Step 08bis). Facciamo adesso un balzo in avanti ed andiamo a considerare l'evoluzione delle tecniche nel periodo medievale e rinascimentale.

I primi secoli dell'era cristiana coincidono con i primi scambi di materie prime con l'Oriente: alcune città dell'Italia meridionale e della Sicilia divennero così centri di allevamento di bachi da seta. Come conseguenza, vi fiorirono numerose industrie tessili e tintorie. I tintori, per lo più di religione ebrea, si spostarono verso nord e la Toscana divenne sinonimo di prestigio: l'epoca dei Comuni è caratterizzata da Prato, Firenze e Genova, in cui emerse la distinzione fra artigiani della "piccola tinta", alle prese con i coloranti meno nobili e costosi, e quelli della "grande tinta", che potevano disporre dei pigmenti più pregiati.

Grazie all'ordine religioso degli Umiliati, originario dell'Alessandrino, l'espansione dell'industria tintoria coinvolse anche Milano e Venezia, fino a inglobare tutta la penisola. dal 1300 e per buona parte del Rinascimento gli scambi commerciali che interessavano l'Italia erano fittissimi. Le materie prime venivano importate attraverso i porti sul Mediterraneo e dall'Oriente sfruttando la via della seta, mentre i prodotti finiti, prevalentemente lino, cotone, canapa e lana, venivano esportati in tutta Europa.


Antica tintoria medievale


Il metodo più usato era la tintura al tino: il materiale tessile veniva immerso in grandi vasche di cemento e argilla contenenti un bagno colorante gradualmente portato ad ebollizione e agitato in continuazione per facilitare la penetrazione della tinta. Ogni tessuto doveva essere trattato in maniera differente, in quanto le proprietà strutturali dello stesso potevano prevedere procedimenti più o meno lunghi e minuziosi. Il colorante doveva essere di forte tonalità e stabile, ossia resistente al lavaggio e all'esposizione alla luce, in modo da evitare prodotti finiti sbiaditi.

Prima di tutto ciò, però, il tessuto doveva essere esposto ad una fase preliminare chiamata mordenzatura o impiumo: il tessuto veniva immerso in una soluzione bollente di acqua, sali metallici e sostanze mordenti. In questo modo, la presa da parte dei pigmenti (in precedenza macerati e cotti in acqua) sarebbe stata più solida e duratura. Esistevano due categorie di mordenti: da una parte i tannici, cioè composti del fenolo, dall'altra i potassici, ricchi di potassio, il quale reagisce violentemente a contatto con l'acqua.

L'espansione e l'importanza raggiunta dall'arte tessile e tintoria necessitava di essere regolamentata: uno dei primi statuti fu "La Mariegola dell'Arte dei tintori" nel 1429, a Venezia. Da citare anche Giovanventura Rossetti, che nel "Plictho de larthe de tintori che insegna tenger pani telle bombasi et sede si per larthe magiore come per la comune" fornisce una minuziosa descrizione di ricette e metodi di estrazione delle materie prime.

Con la scoperta dell'America del 1492 e la circumnavigazione dell'Africa del 1498, infine, l'Italia perse parte del monopolio costruito nei secoli precedenti a favore di porti commerciali quali le coste portoghesi e dell'europa settentrionale.




sabato 6 giugno 2020

Step 11 - TINTURA AI TEMPI DEL COVID

In questo momento storico, in cui il Coronavirus sta rivoluzionando completamente la quotidianità di ognuno di noi, questo blog non poteva essere esente dal trattarne le correlazioni e implicazioni nel campo della tintoria e della lavanderia.

Come ben sappiamo, l'arma più potente per fronteggiare questa minaccia virale è la frequente sanificazione di ogni strumento con cui l'uomo può entrare in contatto. Il ruolo delle tinto-lavanderie sotto questo punto di vista diventa, quindi, di primaria importanza. Secondo uno studio effettuato dalla Johns Hopkins University, infatti, il lavaggio dei tessuti attraverso particolari macchine presenti nelle lavanderie tradizionali renderebbe inattivo il virus.

Essendo un virus, il COVID-19 è avvolto da uno strato lipidico, sensibile a sostanze come l'etere (per questo è fondamentale il distanziamento sociale), il cloroformio e i solventi. L'utilizzo di idrocarburi clorurati come il tetracloroetilene (o percloroetilene) attaccherebbe i punti deboli sopra citati e limiterebbe di molto la diffusione di questo silente nemico.


Locandina informativa della Confartigianato


La questione assume ancora più importanza all'interno degli ospedali, in cui i medici devono essere "sanificati" il più possibile. A questo proposito, mi sembra giusto citare l'operato della società Servizi Ospedalieri S.p.a., che opera nel campo della sanificazione e sterilizzazione dei vestiti in ambito sanitario e che gioca il ruolo di vero e proprio braccio destro del Sistema Sanitario Nazionale nella lotta al Coronavirus.



Step 10 - TINTURE NEL MONDO CINEMATOGRAFICO

In questo articolo, ci dedicheremo alla trasposizione dell'arte tintoria nel mondo della pellicola cinematografica. L'accezione che il termine "tingere" assumerà in questo contesto è quella cosmetica ed il personaggio che andremo ad analizzare è uno dei più iconici e colorati "cattivi" del mondo dei supereroi: il Joker.

La storia cinematografica è densa di pellicole riguardanti Batman e la sua principale nemesi. Diversi attori hanno interpretato questo ruolo, ognuno sotto un punto di vista differente, ma la particolarità che però rimane intatta sin dal primo film e che rende il personaggio protagonista di questo post è l'aspetto esteriore: così come non esisterebbe Bruce Wayne senza Joker, non potrebbe esistere un Joker diverso dall'uomo ridarello vestito di viola, con volto dipinto di bianco e rosso e capelli tinti di verde.



Il Joker di JARED LETO
(Suicide squad - 2016)
Il Joker di JACK NICHOLSON
(Batman - 1989)


Il Joker di HEATH LEDGER
(Il cavaliere oscuro - 2008)


L'ultimo film dedicato a questa iconica figura (per cui il protagonista, Joaquin Phoenix, si è meritato l'Oscar) si discosta dalle linee guida seguite in precedenza, in quanto narra le sue origini facendone emergere il lato più "umano". Arthur Fleck, infatti, prima di essere Joker non è altro che un uomo dei bassifondi, affetto da depressione e preda del degrado e della disuguaglianza sociale.
La scena che ci apprestiamo a vedere può essere vista come il punto di svolta nella storia: Arthur mette in atto il vero e proprio cambiamento, sia caratteriale che estetico.




venerdì 5 giugno 2020

Step 09 - LA TINTURA NELLE ARTI FIGURATIVE

Dopo aver ricercato la presenza dell'azione tintoria nelle opere narrative in prosa e all'intero dei componimenti poetici, concludiamo la nostra analisi considerando le arti figurative: non solo dipinti e quadri, quindi, ma anche statue e sculture.


ANTICO TINTORE
(credits to Jean-Pol GRANDMONT)





Autore: Bonifatius STIRNBERG

Luogo: Markplatz, Monschau, GERMANIA

La statuetta in bronzo raffigura un antico tintore a lavoro. E' situata in cima alla fontata "Weberbrunnen".













FOLLERIA DI VERANIUS HYPSAEUS, Pompei




Luogo: Museo Archeologico Nazionale di Napoli, ITALIA

L'affresco rappresenta due operai a lavoro. L'uomo sulla sinistra è intento a spazzolare un telo di lana. L'altro operaio, invece, sta trasportando una gabbia di bastoncini. Questo strumento ha la funzione di sbiancare i tessuti attraverso un processo di solforazione, che consiste nell'esporre il tessuto ai prodotti gassosi derivati dalla combustione dello zolfo. La civetta appollaiata in cima alla gabbia simboleggia Atena, protettrice dei lanaioli.










INDUSTRIA TINTORIA, San Gallo


Luogo: Museo storico ed etnologico di San Gallo, SVIZZERA

Data: 1680 circa

Matasse e drappi di lino vengono portati al tintore per essere colorate. Le stoffe tinte sono appese alle grondaie per l'asciugatura.





Step 08Bis - VIAGGIO NEL TEMPO: TINGERE NELL'ANTICHITA'

Continuiamo il nostro viaggio nel tempo fermandoci una seconda volta nel mondo antico ed analizzando le rimanenti civiltà non trattate nella prima parte (link al precedente articolo).


INDIA

In questi territori la classe dei tintori, pur non essendo altolocata, era ben vista ed apprezzata. La tintura era fatta prevalentemente in matassa e sul cotone. le tecniche utilizzate prendono il nome di tintura a riserva o tintura parziale e permettono di applicare sullo stesso tessuto più colorazioni.
Le varianti utilizzate fin dall'antichità si chiamano tie and dye (lega e tingi), in cui la copertura parziale del colorante era provocata da una legatura di uno spago attorno alla matassa, che non permetteva al colore di penetrare. Il batik, invece, sfruttava la copertura del tessuto con materiali impermeabili quali cere, resine o argilla.
Il colore più utilizzato era l'indaco, ricavato dall'indigofera. Oltre alle colorazioni vegetali, troviamo anche pigmenti di origine minerale, come il solfuro di mercurio, che forniva il rosso, o il bisolfuro di arsenico, che dava il giallo.

Tessuto realizzato con la tecnica Batik


ESTREMO ORIENTE

Parlando di Cina e Giappone non possiamo non pensare alla seta, tessuto di cui l'Oriente era custode e maestro assoluto. Non abbiamo molte conoscenze dal punto di vista tecnico, in quanto l'arte della seta in generale era conosciuta da pochissimi tintori e tenuta segreta. 
Sappiamo però che in Giappone la seta veniva tinta attraverso legatura e che venivano utilizzati il cartamo (giallo), il sommacco (giallo e rosso), il mirtillo e le alghe marine (blu, lilla e nero).


AMERICA

Le civiltà precolombiane erano talmente abili nella tintura che le loro tecniche rivoluzionarono quelle europee a seguito della conquista spagnola. Da alcuni ritrovamenti in territorio peruviano, possiamo affermare che anche qui, come nella mezzaluna fertile, l'allevamento era fonte di materie prime: venivano infatti tinti, oltre al cotone, lana di alpaca e vigogna in America centro Meridionale e pelli animali in America Settentrionale. Il rosso era ottenuto dalla cocciniglia (un insetto parassita del cactus: Dactilopius Coccus Cacti), i bruni dalle radici e i gialli dalla corteccia di piante locali.


ITALIA

La nostra penisola risentì in maniera positiva della colonizzazione greca, che introdusse le esperienze dei maestri fenici, cretesi ed egizi. Taranto, ad esempio, divenne famosa per la tintura con l'oricello, un tipo di lichene, che mischiato alla porpora serviva ad abbassarne l'eccessivo costo.

L'impero romano era inizialmente poco interessato al colore, infatti le tuniche rimanevano fedeli alle tinte originarie delle fibre da cui venivano ricavate. La sua espansione, però, portò all'inevitabile contatto con le culture dei popoli mediterranei e ad una vera e propria rivoluzione; nella Roma di Plauto, 251-184 a.C., i tintori vennero specializzati in una precisa colorazione: i Violarii tingevano in viola, i Crocearii in giallo e le Officinae Purpurinae in porpora.

Il kermes era usato per ottenere il rosso, la malva forniva l'azzurro, dalla reseda, dalla curcuma e dalla ginestra si otteneva il giallo, mentre la noce di galla e il mallo di noce si sfruttavano per i bruni e i neri. Come mordenti si utilizzavano i solfati di rame e di ferro, l'allume di rocca e la ruggine sciolta in aceto (acetato di ferro). Infine, la fibra tessile più usata era la lana, seguita dal cotone, dal lino e dalla canapa.

Resti di un'antica tintoria di epoca romana a Pompei



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Step 08 - VIAGGIO NEL TEMPO: TINGERE NELL'ANTICHITA'

Questo articolo è il primo di una serie di capitoli volti a ripercorrere la storia dell'arte tintoria. Iniziamo parlando delle origini e delle tecnologie nel mondo antico.

Come già introdotto negli articoli precedenti, la storia della tintura non possiede una precisa data iniziale, ma questa può essere verosimilmente ipotizzata durante l'epoca Neolitica, in quanto a quegli anni risalgono i primi ritrovamenti di resti di manufatti tessili e tintori. In questo periodo storico il discriminante che differenziava le varie tipologie di tintura era ciò che la natura locale poteva offrire, non solo in termini di pigmenti e colorazioni, ma anche di tessuti su cui applicarli. Per questo dedicheremo ogni paragrafo ad una particolare civiltà del mondo antico.

ANTICO EGITTO

L'Egitto è la terra natale del più famoso manoscritto sull'arte tintoria, nonostante sia stato scritto in greco. Scoperto nel 1828, è denominato papiro Holmiensis o codice di Stoccolma. Da esso possiamo ricavare informazioni su come venissero estratte le colorazioni e come queste dovessero essere applicate per ottenere un buon prodotto finale. In questo contesto spicca la figura di Ostanes, sacerdote del tempio di Menfi e custode dell'arte tintoria. 

I tessuti più utilizzati sono il lino e il cotone, mentre per quanto riguarda i colori, di origine prevalentemente vegetale:
  • Il rosso era ottenuto dalla robbia e molta importanza veniva data alla variante porpora, ricavata da licheni kosthos (o kisthos);
  • Il giallo veniva ricavato dallo zafferano, dalla curcuma o dall'arbusto di henna, meglio noto come henné ed usato non solo in ambito tessile ma anche per la cosmesi (pratica, tra l'altro, arrivata fino ai giorni nostri);
  • L'indaco, molto raro, veniva ricavato da arbusti di indigofera.
Infine, i giacimenti di allume, molto presenti nei territori limitrofi, permettevano di usare questo materiale come mordente, cioè come sostanza che consente di fissare i coloranti alle fibre dei tessuti.

Papiro Holmiensis


FENICI

Questa civiltà è forse la più famosa quando si parla di tintura. A loro è dovuta la scoperta ed il monopolio della porpora, ricavata dai molluschi Murex Brandaris o Murex Trunculus. Della sua lavorazione si hanno testimonianze nel papiro di Anastasy, datato 1400 a.C. La porpora stessa era poi utilizzata come base per creare dei tessuti di diversa colorazione, abbinandola ad altre pigmentazioni come lo zafferano, il mirtillo o il kermes (un parassita delle querce). Non solo la porpora in sé, ma anche la manodopera fenicia era molto richiesta dalle popolazioni estere, come Ebrei e Persiani.

Murex Brandaris, da cui si ricava la porpora


MEDIO ORIENTE

La terra delimitata dai fiumi Tigri ed Eufrate è stata una delle culle più prolifiche dal punto di vista tintorio. A differenza della popolazione egizia, le civiltà babilonesi, sumere e assire sfruttavano la tintura per esaltare sfarzo e ricchezza, con colori sgargianti.
Essendo dei bravissimi allevatori, dagli animali ricavavano la lana, tessuto prevalentemente utilizzato in quanto il colore, una volta impregnato, era molto resistente. La tecnica prevalentemente applicata era la tintura in fiocco, in base alla quale il colore veniva applicato prima della filatura vera e propria.

L'arte ebrea, di cui abbiamo testimonianze anche nella Bibbia, si basava invece sulla tintura in matassa, tecnica molto impegnativa e scrupolosa, che necessita di particolare attenzione riguardo l'uniformità della tinta sul tessuto.

Per quanto riguarda le colorazioni, venivano usati il kermes per il rosso, bacche come il mirtillo o miscele come il bitume per il nero e, in piccola parte, il carissimo porpora di origine fenicia.








mercoledì 3 giugno 2020

Step 07 - TINGERE IN VERSETTI

Continuiamo l'indagine letteraria dell'arte tintoria, questa volta navigando tra le rime del mondo poetico. L'accezione più comune del verbo in questo contesto è quella sentimentale, figurativa, di cui vedremo i passaggi centrali di alcuni componimenti.

Partiamo citando Gabriele D'Annunzio e la sua poesia "Canta la gioia":

<<A te la gioia, Ospite! Io voglio
vestirti de la più rossa porpora
s’io debba pur tingere il tuo
bisso nel sangue de le mie vene.>>

Il componimento fa parte della seconda raccolta di poesie, denominata "Canto novo", la cui prima edizione è datata 1882. In realtà, "Canta la gioia" apparve nella seconda edizione dell'opera, nel 1886, e con essa il poeta non solo celebra la gioia di vivere, ma invita la sua amata Elda Zucconi, detta Lalla, a condividere questo privilegio con lui.
In questa celebrazione, la donna è descritta come cinta di fiori e avvolta in una veste porpora tinta del sangue del poeta. Il tessuto che compone la veste è il bisso, una fibra naturale di origine animale simile alla seta e il colore porpora non è scelto a caso: esso, nella sua tonalità rossa, simboleggia infatti la vita, la vigoria e la forza.


Copertina del "Canto Novo", da cui è tratta "Canta la gioia"





Mariangela Gualtieri
Completamente diversa nei suoi intenti è invece la poesia di Mariangela Gualtieri, composta in occasione delle tristemente attuali misure di lockdown dovute all'emergenza sanitaria Covid-19. Intitolata "Nove marzo duemilaventi", essa racconta tutte le conseguenze e gli stravolgimenti che la pandemia ha causato e causerà nella quotidianità di ognuno di noi. "Tingere", in questo caso, assume un significato estremamente cupo e triste:

<<Guardare di più il cielo,
tingere d’ocra un morto. Fare per la prima volta
il pane. Guardare bene una faccia. Cantare
piano piano perché un bambino dorma. Per la prima volta
stringere con la mano un’altra mano
sentire forte l’intesa. Che siamo insieme.>>





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