venerdì 5 giugno 2020

Step 08Bis - VIAGGIO NEL TEMPO: TINGERE NELL'ANTICHITA'

Continuiamo il nostro viaggio nel tempo fermandoci una seconda volta nel mondo antico ed analizzando le rimanenti civiltà non trattate nella prima parte (link al precedente articolo).


INDIA

In questi territori la classe dei tintori, pur non essendo altolocata, era ben vista ed apprezzata. La tintura era fatta prevalentemente in matassa e sul cotone. le tecniche utilizzate prendono il nome di tintura a riserva o tintura parziale e permettono di applicare sullo stesso tessuto più colorazioni.
Le varianti utilizzate fin dall'antichità si chiamano tie and dye (lega e tingi), in cui la copertura parziale del colorante era provocata da una legatura di uno spago attorno alla matassa, che non permetteva al colore di penetrare. Il batik, invece, sfruttava la copertura del tessuto con materiali impermeabili quali cere, resine o argilla.
Il colore più utilizzato era l'indaco, ricavato dall'indigofera. Oltre alle colorazioni vegetali, troviamo anche pigmenti di origine minerale, come il solfuro di mercurio, che forniva il rosso, o il bisolfuro di arsenico, che dava il giallo.

Tessuto realizzato con la tecnica Batik


ESTREMO ORIENTE

Parlando di Cina e Giappone non possiamo non pensare alla seta, tessuto di cui l'Oriente era custode e maestro assoluto. Non abbiamo molte conoscenze dal punto di vista tecnico, in quanto l'arte della seta in generale era conosciuta da pochissimi tintori e tenuta segreta. 
Sappiamo però che in Giappone la seta veniva tinta attraverso legatura e che venivano utilizzati il cartamo (giallo), il sommacco (giallo e rosso), il mirtillo e le alghe marine (blu, lilla e nero).


AMERICA

Le civiltà precolombiane erano talmente abili nella tintura che le loro tecniche rivoluzionarono quelle europee a seguito della conquista spagnola. Da alcuni ritrovamenti in territorio peruviano, possiamo affermare che anche qui, come nella mezzaluna fertile, l'allevamento era fonte di materie prime: venivano infatti tinti, oltre al cotone, lana di alpaca e vigogna in America centro Meridionale e pelli animali in America Settentrionale. Il rosso era ottenuto dalla cocciniglia (un insetto parassita del cactus: Dactilopius Coccus Cacti), i bruni dalle radici e i gialli dalla corteccia di piante locali.


ITALIA

La nostra penisola risentì in maniera positiva della colonizzazione greca, che introdusse le esperienze dei maestri fenici, cretesi ed egizi. Taranto, ad esempio, divenne famosa per la tintura con l'oricello, un tipo di lichene, che mischiato alla porpora serviva ad abbassarne l'eccessivo costo.

L'impero romano era inizialmente poco interessato al colore, infatti le tuniche rimanevano fedeli alle tinte originarie delle fibre da cui venivano ricavate. La sua espansione, però, portò all'inevitabile contatto con le culture dei popoli mediterranei e ad una vera e propria rivoluzione; nella Roma di Plauto, 251-184 a.C., i tintori vennero specializzati in una precisa colorazione: i Violarii tingevano in viola, i Crocearii in giallo e le Officinae Purpurinae in porpora.

Il kermes era usato per ottenere il rosso, la malva forniva l'azzurro, dalla reseda, dalla curcuma e dalla ginestra si otteneva il giallo, mentre la noce di galla e il mallo di noce si sfruttavano per i bruni e i neri. Come mordenti si utilizzavano i solfati di rame e di ferro, l'allume di rocca e la ruggine sciolta in aceto (acetato di ferro). Infine, la fibra tessile più usata era la lana, seguita dal cotone, dal lino e dalla canapa.

Resti di un'antica tintoria di epoca romana a Pompei



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