venerdì 12 giugno 2020

Step 18 - TINGERE NELLA CRONACA

Al giorno d'oggi parlare di cronaca significa parlare di Coronavirus. Iniziamo quindi questo articolo esaminando le conseguenze che questa pandemia ha causato, non solo dal punto di vista sanitario e umano ma anche dal punto di vista economico. Troppo spesso sentiamo parlare di aziende e negozi caduti in una crisi provocata dalla chiusura dovuta al lockdown. Anche le tintorie, purtroppo, rientrano in questa malinconica lista. A fornirne un esempio è una tintoria sita a Diano Marina, la storica "Tintoria Amica", di proprietà di Michele Weitzenmiller, che dopo 66 anni di attività non è riuscita a vincere la battaglia contro i due mesi di chiusura forzata [1].


Cartello pubblicitario della tintoria


Come già accennato in un precedente post[2], un altro problema che affligge i processi tintori moderni è la gestione dei rifiuti e l'impatto ambientale. La riprova dell'attualità della questione è il ritrovamento, da parte dei Carabinieri forestali (insieme ad Arpat, Polizia Municipale ed Asl) di una serie di irregolarità presso una tintoria di pelli situata ad Empoli[3]. La visita, avvenuta lo scorso febbraio, ha provocato una denuncia per gestione illecita di rifiuti pericolosi ed il sequestro dell'immobile, dei residui di materiale e di prodotti chimici.


Interni della tintoria


Chiudiamo questo articolo di cronaca con una notizia meno drammatica e molto più particolare, anch'essa risalente al febbraio scorso. Ci spostiamo in Turkmenistan, più precisamente nella provincia di Lebap, in cui ai dipendenti pubblici di più di 40 anni è stato imposto il divieto di tingere i capelli di nero o di brizzolarli in caso di tintura nera naturale. Il motivo? La visita del presidente turkmeno Gurbanguly Berdymuhamedov, il quale, dopo un periodo passato a tingersi i capelli di nero, ha deciso di cambiare look mettendo in mostra la propria capigliatura brizzolata[4]. La notizia, diffusa dalla radio Azatlyk, è contornata da una seconda disposizione: all'incontro con il premier turkmeno sarebbero stati ammessi solo soggetti con capelli brizzolati.



Link utili e approfondimenti:

Step 17

mercoledì 10 giugno 2020

Step 16 - WILLIAM HENRY PERKIN: IL CHIMICO RIVOLUZIONARIO

Ritratto di William Perkin, 1906


Sir William Henry Perkin nacque a Londra nel 1838. Ultimo di sette figli, Il padre era un falegname di nome George e la madre era una donna scozzese di nome Sarah. Venne battezzato nella chiesa di S.Paul e iniziò la sua carriera scolastica presso la City of London School, sulle rive del Tamigi. Ad incoraggiarlo e indirizzarlo verso una carriera nel mondo della chimica fu un suo insegnante, Thomas Hall.



All'età di 15 anni Perkin entrò nella Royal College of Chemistry di Londra, dove ebbe come insegnante August Wilhelm von Hofmann, anch'egli luminare nel mondo della chimica organica e autore di una pubblicazione sulla possibilità di sintetizzare la chinina per scopi medici. Divenuto uno degli assistenti di Hofmann, Perkin cercò di concretizzare questi studi teorici.








Durante le vacanze di Pasqua del 1856, si accorse che l'anilina poteva essere trasformata in una miscela grezza e che questa, a sua volta, poteva essere trattata con alcool per produrre una sostanza di intenso colore viola. Perkin, resosi conto dell'enorme potenziale che questa scoperta poteva esprimere a livello commerciale, continuò gli studi all'oscuro di Hofmann, con l'aiuto dell'amico Arthur e del fratello Thomas.

Ai tempi il colore viola, sempre stato simbolo di nobiltà, era molto costoso da estrarre ed utilizzare. Per questo, una volta presentati i risultati ad una industria tintoria a Perth, in Scozia, la risposta fu molto promettente e il brevetto per la sintesi della Malveina non tardò ad arrivare: fu depositato ad agosto nel 1856, quando Perkin aveva solo 18 anni.


Brevetto depositato della Malveina


Il momento, inoltre, era più che propizio: l'Inghilterra entrava nella rivoluzione industriale e la materia prima necessaria per la produzione dell'anilina di porpora, il catrame di carbone, era abbondante in quanto sottoprodotto del processo produttivo del gas di carbone e del coke. Convinto il padre a finanziare la commercializzazione del prodotto e trovato il mordente adatto ad applicare la tinta anche al cotone, la Malveina era dunque pronta per essere immessa sul mercato e costituì la principale fonte di ricchezza di Perkin.

Negli anni successivi, l'attività di Perkin all'interno della chimica organica proseguì e vide l'origine di nuovi coloranti, il viola Britannia e il verde Perkin, e di nuovi profumi come la Cumarina. La sua attività finì quando, alla fine del secolo, il crescente monopolio tedesco nell'ambito tintorio costrinse il chimico a vendere le sue partecipazioni e ritirarsi.

Morì di polmonite e appendicite nel 1907, un anno dopo la nomina a cavaliere e il conferimento della medaglia Perkin, istituita in suo onore per celebrare i cinquant'anni dalla sua scoperta rivoluzionaria e ora divenuta la più alta onorificenza nella chimica industriale degli Stati Uniti. E' sepolto nel parco di Christchurch ad Harrow, nel Middlesex.


Medaglia Perkin


Oltre alla nomina di cavaliere e alla medaglia in suo onore, Perkin venne premiato con altri riconoscimenti come l'inserimento nella Royal Society nel 1866, la medaglia Royal (o medaglia della Regina) nel 1879 e la medaglia Davy, assegnata dalla Royal Society nel 1889.





Step 15 - VIAGGIO NEL TEMPO: IL NOVECENTO

Siamo giunti all'ultima tappa della nostra avventura attraverso i millenni della storia tintoria, in cui esamineremo le più recenti innovazioni con uno sguardo alle prospettive future.

Durante l'Esposizione Universale Londinese nel 1862, gli ospiti potevano già ammirare molti tessuti tinti con le nuove sostanze coloranti, derivate dal catrame. Pochi anni dopo, all'inizio della I guerra mondiale, le tinture sintetiche avevano già sostituito quelle naturali perché molto più economiche e immediate da ottenere: bastavano pochi componenti chimici, del catrame e un buon laboratorio.

Inizialmente, i leader del mercato furono la Gran Bretagna e la Francia, ma i primi anni del Novecento videro l'ascesa della Germania e della Svizzera: quando i brevetti francesi e britannici vennero a scadere, le principali ditte tedesche e svizzere entrarono nei mercati d'oltremanica e francesi conquistando grandi quote di vendite a spese dei leader precedenti. Agli albori della Grande Guerra, la percentuale della produzione mondiale appartenente alla Germania oscillava attorno al 75%, fino a salire al 90% negli anni 20.

Lo scorso secolo vide l'introduzione sul mercato dei primi tessuti sintetici, tra cui il Nylon (poliesametilenadipamide) nel 1938, di origine statunitense, il Perlon (Nylon 6), prodotto dal 1941 dalla tedesca IG Farben, o il Teflon, commercializzato dagli USA a partire anch'esso dal 1941. A differenza delle fibre naturali, questi risultavano molto meno reattivi alle colorazioni tradizionali. Questa proprietà costrinse l'industria tintoria a rivedere i propri processi produttivi, fino ad incorporare la colorazione dei tessuti direttamente nel processo produttivo degli stessi.


Composizione chimica del Nylon e del Perlon


Le nuove lavorazioni risultarono però dannose per all'ambiente, principalmente a causa di una cattiva gestione degli estratti e derivati del catrame. Le diatribe legate al mondo delle tinture tessili continuano fino ai giorni nostri. Solo lo scorso anno, nei laboratori Greenpeace è stato messo in evidenza una componente cancerogena contenuta nei coloranti di capi d’abbigliamento distribuiti dai grandi brand. Perciò, il settore tintorio si sta indirizzando verso un "ritorno al naturale", anche perché i problemi non riguardano solo la salute dell'uomo, ma anche del clima e dell'ambiente.


Pigmenti nelle acque di scarico


Le problematiche principali riguardano lo spreco d'acqua, tra i sei e i nove trilioni di litri all'anno (l'equivalente di due milioni di piscine olimpioniche). Circa il 75% dell'acqua utilizzata, inoltre, diventa acqua di scarto inquinata, non potabile ed estremamente dannosa per l'ecosistema, in quanto può danneggiare le piante, gli animali e, potenzialmente, entrare nella catena alimentare. In questo contesto, è recente la scoperta di un microbo produttore di pigmenti (tra il rosa e il blu), il cui contributo potrebbe portare ad un eccezionale risparmio di acqua (500 volte in meno) e alla completa eliminazione delle sostanze chimiche dannose.



martedì 9 giugno 2020

Step 14 - VIAGGIO NEL TEMPO: LA RIVOLUZIONE DELL'OTTOCENTO

Per il mondo della tintura moderna, il XIX secolo rappresentò il punto di svolta. Fino a quel periodo, i coloranti e pigmenti, a prescindere dall'origine vegetale, animale o minerale, erano comunque forniti dalla natura. La rivoluzione avvenne nel 1856, anno in cui William H. Perkin, chimico inglese, attuò in maniera quasi accidentale la prima sintesi artificiale di un colorante.

Impegnato in una ricerca farmaceutica presso il Royal College of Chemistry, il suo compito originale era quello di sintetizzare la chinina, sostanza utilizzata per curare la malaria. Il procedimento, che prevedeva l'ossidazione di alcune ammine aromatiche, produceva precipitati molto colorati. L'attenzione del novello chimico, in particolare, si rivolse ai prodotti della reazione tra bicromato potassico e anilina, i quali furono in seguito oggetto del brevetto depositato il 26 agosto 1856: Perkin aveva appena sintetizzato il primo colorante, chiamato porpora di anilina o Mauve.


Primo tessuto in porpora di anilina


La linea produttiva era ben delineata: dal benzene al nitrobenzene, dal nitrobenzene all'anilina, dall'anilina alla porpora di anilina. In particolare, il benzene si ricavava dal catrame attraverso distillazione frazionata (Charles Mansfield), il nitrobenzene era già stato ottenuto da Eiihard Mitscherlich, mentre la riduzione di quest ultimo ad anilina si deve agli studi di Nikolaj N. Zinin.
Risolti alcuni problemi strutturali ed organizzativi, Perkin mise in moto una nuova industria, che si occupava di tutte le diverse fasi, dall'acquisizione delle materie prime alla commercializzazione del prodotto finito, ottenendo un immenso successo.


Francobollo Vittoriano tinto in Mauve



In questo modo iniziò il declino delle tinte naturali e la progressiva sostituzione con i coloranti sintetici: magenta, blu di metilene, verde malachite, rosso Congo e così via. Una delle prime industrie impegnate di questo campo fu la tedesca BASF (fondata nel 1865), a cui si deve anche la sintetizzazione del colore indaco.




lunedì 8 giugno 2020

Step 13 - VIAGGIO NEL TEMPO: IL SETTECENTO

Il XVII e XVIII furono secoli di assestamento e perfezionamento per l'arte tintoria. La scoperta della mordenzatura al sale di stagno portò nella prima metà del Seicento a un considerevole miglioramento nella solidità dei tessuti.

Il Settecento introdusse l’uso di coloranti di origine minerale, si migliorò la tecnica della mordenzatura e il governo francese svelò nel 1765 il segreto della tintura al rosso turco. Pur essendo in mano a corporazioni che tenevano gelosamente i loro segreti, infatti, il Settecento è il secolo dei 'protocolli'. 

Vediamo un esempio di tintura al rosso turco su cotone:
Prima si passa il cotone in olio d’oliva e successivamente dev'essere più volte emulsionato con carbonato di potassio. I bagni in olio rendono migliore la capacità del tessuto di assorbire il colorante. La mordenzatura prosegue con un bagno di allume (preferibilmente allume di rocca puro, cioè privo di impurezze ferrose). A volte veniva aggiunto sangue bovino o sommacco, potente agente conciante a base tannica. Per rendere il colore rosso brillante, si fa bollire il tessuto più volte in una caldaia sotto leggera pressione insieme a sapone e cloruro di stagno.

Per la tintura della lana si mette un mordente a base di allume e cremor tartaro (estratto dal tartrato di potassio acido, detto tartaro delle botti, che precipita dal vino durante la stagionatura o l’invecchiamento). Alla fine si aggiunge un po’ di sale di stagno.

Dal punto di vista degli scritti, questo periodo è caratterizzato da trattati sempre più precisi sulle nuove scoperte e sulle precedenti conoscenze:
  • Michele Rosa, "Delle porpore e delle materie vestiarie presso gli antichi", 1786, Rimini;
  • Angelo Natala Talier, "Dell'arte di tingere in filo, in seta, in cotone, in lana, in pelle", 1793, Venezia.

Alla fine del 1700 e all'inizio del 1800 sorsero vere e proprie scuole di tintura e la ricerca era ormai indirizzata verso la sperimentazione di prodotti chimici, come ausiliari dell'industria tessile e coloristica.



Link utili e approfondimenti:

Step 12 - VIAGGIO NEL TEMPO: MEDIOEVO E RINASCIMENTO

Ci eravamo lasciati con due articoli che consideravano, territorio per territorio, la tintura nel mondo antico (link: Step 08 / Step 08bis). Facciamo adesso un balzo in avanti ed andiamo a considerare l'evoluzione delle tecniche nel periodo medievale e rinascimentale.

I primi secoli dell'era cristiana coincidono con i primi scambi di materie prime con l'Oriente: alcune città dell'Italia meridionale e della Sicilia divennero così centri di allevamento di bachi da seta. Come conseguenza, vi fiorirono numerose industrie tessili e tintorie. I tintori, per lo più di religione ebrea, si spostarono verso nord e la Toscana divenne sinonimo di prestigio: l'epoca dei Comuni è caratterizzata da Prato, Firenze e Genova, in cui emerse la distinzione fra artigiani della "piccola tinta", alle prese con i coloranti meno nobili e costosi, e quelli della "grande tinta", che potevano disporre dei pigmenti più pregiati.

Grazie all'ordine religioso degli Umiliati, originario dell'Alessandrino, l'espansione dell'industria tintoria coinvolse anche Milano e Venezia, fino a inglobare tutta la penisola. dal 1300 e per buona parte del Rinascimento gli scambi commerciali che interessavano l'Italia erano fittissimi. Le materie prime venivano importate attraverso i porti sul Mediterraneo e dall'Oriente sfruttando la via della seta, mentre i prodotti finiti, prevalentemente lino, cotone, canapa e lana, venivano esportati in tutta Europa.


Antica tintoria medievale


Il metodo più usato era la tintura al tino: il materiale tessile veniva immerso in grandi vasche di cemento e argilla contenenti un bagno colorante gradualmente portato ad ebollizione e agitato in continuazione per facilitare la penetrazione della tinta. Ogni tessuto doveva essere trattato in maniera differente, in quanto le proprietà strutturali dello stesso potevano prevedere procedimenti più o meno lunghi e minuziosi. Il colorante doveva essere di forte tonalità e stabile, ossia resistente al lavaggio e all'esposizione alla luce, in modo da evitare prodotti finiti sbiaditi.

Prima di tutto ciò, però, il tessuto doveva essere esposto ad una fase preliminare chiamata mordenzatura o impiumo: il tessuto veniva immerso in una soluzione bollente di acqua, sali metallici e sostanze mordenti. In questo modo, la presa da parte dei pigmenti (in precedenza macerati e cotti in acqua) sarebbe stata più solida e duratura. Esistevano due categorie di mordenti: da una parte i tannici, cioè composti del fenolo, dall'altra i potassici, ricchi di potassio, il quale reagisce violentemente a contatto con l'acqua.

L'espansione e l'importanza raggiunta dall'arte tessile e tintoria necessitava di essere regolamentata: uno dei primi statuti fu "La Mariegola dell'Arte dei tintori" nel 1429, a Venezia. Da citare anche Giovanventura Rossetti, che nel "Plictho de larthe de tintori che insegna tenger pani telle bombasi et sede si per larthe magiore come per la comune" fornisce una minuziosa descrizione di ricette e metodi di estrazione delle materie prime.

Con la scoperta dell'America del 1492 e la circumnavigazione dell'Africa del 1498, infine, l'Italia perse parte del monopolio costruito nei secoli precedenti a favore di porti commerciali quali le coste portoghesi e dell'europa settentrionale.